MATTIA RINGOZZI
Non c’è niente di più difficile per un “artista” del dover presentare, nello spazio di poche righe, il proprio percorso e le proprie aspirazioni. Scrivo e pronuncio il termine “artista” con non poco pudore, laddove il “peso” di tale appellativo rimanda a ben altre personalità, ma non mi viene in mente un sinonimo altrettanto efficace. A maggior ragione è difficile per me, “orso” a detta di tutti (altro che artista!), anche se è indispensabile, in quest’occasione, descrivere il proprio lavoro ed il progetto che si ha in mente.
Ma come parlare delle canzoni, intangibili per natura, e dal valore così mutevole e personale? Non lo so, ma posso iniziare col presentarmi. Ho iniziato a scrivere canzoni durante l’adolescenza, sui banchi della scuola. Ho continuato a scrivere anche negli anni successivi e per la musica ho fatto molti sacrifici, macinato chilometri ed accumulato un sacco di esperienze, ora belle ora sgradevoli, mai inutili. Infine, ho scritto questa manciata di canzoni praticamente sul treno, che considero ormai la mia seconda casa. Amo molto il treno, non solo come mezzo di trasporto ideale, ma perché porta con sé l’idea del viaggio, che per breve che sia, comprende inevitabilmente un accumulo di significati. La fuga, il desiderio ed il ritorno sono temi ricorrenti nelle mie canzoni.
Non c’è nessuna retorica da parte mia. Nel consueto tragitto (che nulla ha di esotico) dei più che prendono il treno quotidianamente, nelle voci e nelle lamentele che si confondono tra i binari, colgo sempre un consueto sarcasmo, che varia da regione a regione, divertente e cinico allo stesso tempo. Io, da cleptomane di storie quale sono, rubo e scrivo, e restituisco in parte quello che ho “preso in prestito” sotto forma di musica e parole.
Mi chiedono spesso cosa voglia dire “Pendolari”. In realtà è molto semplice. “Pendolari” è una dedica alla mia generazione cui sono stati tolti, in pochi anni, prospettive, lavoro e fiducia. E’ questo il senso: ci hanno portato via la vita, ma noi siamo più forti e ce la riprendiamo. Per questo, anche nella durezza di certi brani, ho sempre presente un forte senso di speranza, come nel finale di “Amore mio sorridi”, che ho scritto dopo il terremoto dell’Aquila.
Questo percorso, che vorrei offrirvi, racchiude tutte queste sensazioni: disincanto e stanchezza, ma anche (e soprattutto) una grande gioia e determinazione; sensazioni mai disgiunte da un vivo senso dell’ironia, caratteristica indispensabile per me, in ogni momento.
Fatte queste premesse, è necessario sostenere anche lo sforzo finanziario perché non si finisce un disco senza una buona produzione e le canzoni, belle o brutte che siano, se non si incidono non si conoscono. Per questo ho voluto trasportare questi brani, attraverso la collaborazione di musicisti che mi onorano di prestare maestria e passione al mio lavoro, in un percorso affascinante ed intramontabile come quello di un disco. La rincorsa continua di obiettivi che sembrano irraggiungibili è un altro aspetto molto presente nelle mie canzoni, tant’è che negli ultimi anni anche gli approdi più comuni sembrano presentare ostacoli insormontabili; molto spesso, “se il viaggio non è più importante del tesoro, senz’altro lo giustifica e lo arricchisce”.
Questo obiettivo mi piacerebbe proprio raggiungerlo assieme a voi!
Grazie a tutti, siamo Pendolari!